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Ogni giorno prendiamo decisioni sui temi più disparati: cosa mangiare per cena, dove mandare i figli a scuola, con che mezzo di trasporto raggiungere il centro della città. Purtroppo facciamo spesso scelte sbagliate. Mangiamo troppo, usiamo la macchina quando potremmo andare a piedi, scegliamo il piano tariffario peggiore per il nostro telefonino o il mutuo meno conveniente per comprare una casa.

Siamo esseri umani e siamo condizionati da troppe informazioni contrastanti, dalla complessità e della vita quotidiana. È per questo che abbiamo bisogno di un “pungolo”, di una spinta gentile che ci indirizzi verso la scelta giusta: di un nudge, come l’hanno battezzato l’economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein.

To nudge, in inglese, è un verbo che sta a indicare il dare una piccola, leggera e gentile spinta. Il nudge nasce proprio così, con l’intento di far leva sui bias cognitivi (ovvero gli errori sistematici in cui il nostro cervello incorre in continuazione) per influenzare, indurre e persuadere gli individui a modificare il proprio comportamento. La loro idea è semplice ma geniale: per introdurre pratiche di buona cittadinanza, per aiutare le persone a scegliere il meglio per sé e per la società, occorre imparare a usare a fin di bene l’irrazionalità umana. E i campi d’applicazione sono potenzialmente illimitati.

Lo sa bene l’italiana Irene Ivoi, industrial designer attenta a prodotti e strategie di riduzione dell’impatto ambientale. Quando Irene ha iniziato ad occuparsi di green, le parole sostenibilità ed economia circolare non esistevano. Si parlava genericamente di ecologia. Ha seguito progetti pluriennali per clienti di rilevanza nazionale in particolare sulla prevenzione rifiuti e sviluppo della creatività nell’impiego di materiali riciclati. Oggi accompagna organizzazioni private e pubbliche ad implementare percorsi circolari, definendo le strategie, migliorando prodotti, facendo networking e trasferimento tecnologico di ecoinnovazioni, green marketing, nudging e comunicazione. L’abbiamo intervistata per voi!

Irene Ivoi

1 // Come ti sei avvicinata alla teoria dei nudge, facendone professione? 

Occupandomi di sostenibilità da sempre, fin da quando mi laureai in industrial design 30 anni fa, ho scelto di fatto di progettare comportamenti tesi ad accogliere la sostenibilità e quindi contesti adatti a favorire i migliori comportamenti (desiderati) questo è quello che ho fatto per tutta la vita lavorando per organizzazioni pubbliche e da minor tempo per organizzazioni private.

Mi è sempre stato chiaro che le azioni che mi interessavano potevano essere aiutate da contesti o prodotti o comunicazioni meglio progettati e non solo da norme o incentivi economici o fiscali. Quando mi hanno parlato di motivazioni non razionali che influenzano  le decisioni che prendiamo in modo più efficace ho capito che quello era il perimetro in cui mi stavo muovendo. Tutto è accaduto grazie a mio marito, Piero Capodieci, che mi ha parlato del nudge 4 anni fa e con cui talvolta collaboriamo anche.L’ho studiato, ho letto libri e documenti e ho dedicato a ciò anche il mio TEDx del 2020. E’ stato molto apprezzato, ho ricevuto diversi riscontri e questo mi ha condotto ad approfondire sempre più e decidere di scriverne e divulgarlo.

Oggi mi chiedono di spiegarlo, di farlo conoscere, di progettarlo e in quest’area del mio sito pubblico interviste o speach che raccontano il nudge in modo divulgativo (quelle in cui parlo di sostenibilità sono altrove).

2 // Il nudge in azienda: come si può modificare il mindset delle imprese?

Parto da una banalità che viene spesso, proprio per questo, non considerata nei processi di cambiamento: prima di parlare di strumenti, tra cui il nudge, è bene parlare della cornice che favorisce il cambiamento. Quindi prima serve un’analisi dello stato attuale del Mindset dominante e di come alcuni aspetti facciano perdere opportunità o creino problemi o pericoli per l’azienda per rispondersi così al perché cambiare, cosa cambiare, e aggiungo fino a dove cambiare e cosa non cambiare.


Poi arriviamo al come cambiare, quindi con quali processi e se è meglio siano più di uno. Uno degli ingredienti di nudge che reputo più potenti è l’opzione di default. Ad esempio, sapendo che una delle condizioni di un clima collaborativo è la fiducia, definita da Patrick Lencioni come “la possibilità di mostrarsi vulnerabili”, si può iniziare nelle imprese a spingere le persone a parlare di fatti e storie personali. E allora in un reparto o in un gruppo di operai o dirigenti, che lavorano insieme, si organizza una festa, preceduta da un contest o una call tesa ad intercettare storie significative della propria infanzia. In quella festa tutti racconteranno la propria storia e tutti saranno iscritti all’antecedente call di default, pur potendosi sfilare perché non obbligatoria. Nella festa si elegge con una griglia di criteri che non toccano i contenuti, il vincitore a cui sarà dedicata una settimana di lodi o altro da progettare.

È importante tradurre il Mindset in comportamenti coerenti che ne derivano e rispetto ad ogni comportamento individuato immaginare quali spinte, alcune delle quali gentili, possono essere utilizzate per farlo agire dai più.

3 // Quali sono le soft skills più importanti per creare una bella rete umana e quindi una buona resa lavorativa?  

Quali sono le soft skills più utili per stare bene al mondo e con se stessi, perché questa è la conseguenza di buone relazioni umane anche sul\nel lavoro, sono note attraverso una letteratura ormai sconfinata. se però vogliamo fare una graduatoria io metterei in cima essere in grado di comunicare con efficacia. Attenzione, sia come emettitore sia come ricevente, tanto che la prima abilità di un comunicatore è l’ascolto. La maggior parte del tempo dei manager e anche di molti impiegati è dedicata ad interazioni con gli altri nelle quali la comunicazione efficace è fondamentale per capire e farsi capire.

Al secondo posto metterei l’umiltà. E anche qui Lencioni viene in soccorso: “non pensare meglio di se stessi ma meno a se stessi”.  La precondizione è aver interiorizzato che la propria visione del mondo non è il mondo e che perciò esistono altre legittime visioni del mondo che differiscono in alcuni punti dalla nostra. L’analogia la mappa non è il territorio. Ovviamente tutto all’interno di onestà intellettuale da cui derivano molte cose tra cui spicca la capacità di ammettere errori e scusarsi.

4 // Green nudge: cambiare abitudini per salvaguardare anche l’ambiente. 

L’area green è una delle più gettonate per operare con i nudge. Lo dice la letteratura e lo dicono tanti esempi rintracciabili e documentati.puoi aiutare ad evitare spreco di cibo inserendo nei supermercati isole di cibo con ricette e quantità misurate (design di contesto), puoi ridurre i piatti inutilmente riempiti di cibo free che poi non riesci a mangiare, riducendo la dimensione dei piatti (modifiche di prodotto), puoi favorire nei ristoranti l’uso delle doggy bag con la norma sociale, puoi ridurre i consumi di acqua inserendo contalitri su rubinetti e doccini, puoi ridurre lavaggio di asciugamani e biancheria negli hotel con adeguate informazioni condite con principi di norma sociale.

 Gli esempi sono tanti e anche le informazioni in tempo reale (quello che la guida BIT chiama il principio del TIMELY), capaci di dirti cosa fanno i tuoi vicini orientano i comportamenti verso una maggiore attenzione alle raccolte differenziate o ai minor consumo di energia (elettrica o per riscaldare le case). Io sul mio blog pubblico frequentemente articoli che raccontano casi inconsapevoli o progettati che funzionano da esempi (replicabili e non). Nel mio Tedx racconto di emissioni di gas in aria che diventano colorate quando si sforano i parametri di legge e spesso mi chiedono dove è stato realizzato. Mi tocca rispondere che ancora non esiste se non nella mia immaginazione. Sono sicura che potrebbe funzionare a farci ridurre le emissioni più di tanti cartelli luminosi che nelle aree metropolitane ci minacciano con frigide informazioni di servizio.