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Raffaella Amoroso lavora per migliorare e ottimizzare la comunicazione digitale dei suoi clienti, occupandosi di digital marketing, gestione community social, creazione di contenuti coinvolgenti. Oltre a questo, attiva blogger e influencer nelle campagne commerciali e di branding aziendale. Ha scritto un libro: Influencer Marketing spiegato semplice, con Arianna Chieli.

Come le attività d’influencer marketing possono essere di supporto a un’azienda? 

Il principale vantaggio di un’attività di influencer marketing è quello di far parlare di un prodotto, di un servizio e quindi di un’azienda chi è in grado di offrire un punto di vista non autoreferenziale su ciò che si sta raccontando.

Il customer journey dell’era digitale – benché non sia lineare e debba quindi tenere conto di influenze contestuali – si compone, tra gli altri, di due passaggi (la fase dell’”Ask” e quella dell’”Advocate”) in cui il parere “degli altri” è fondamentale nella decisione di acquisto. Le persone, in pratica, prima di comprare un prodotto o avvalersi di un servizio verificano (Ask) cosa ne pensa chi l’ha già fatto prima che, quindi, in caso di giudizio positivo ne diventa sostenitore (Advocate).

Gli influencer diventano così gli attori protagonisti proprio di queste due fasi, ovvero “Advocate” del brand e quindi rintracciabili dai potenziali altri clienti nella fase di “Ask”.

Andando più nello specifico, le attività di influencer marketing sono sicuramente molto utili quando l’obiettivo di un’azienda è l’awareness, ossia farsi conoscere, rendersi visibili, eventualmente anche associando la propria immagine a un messaggio di comunicazione che vada al di là del suo mero scopo commerciale (pensiamo per esempio alle attività di CSR e al cosiddetto brand activism). 

È vero anche che – se opportunamente “studiato” e quindi ben impostato – un progetto di influencer marketing può aiutare l’azienda a raggiungere l’obiettivo della conversione (che non significa solo “vendita”, ma, più in generale, portare le persone “a fare qualcosa”). In questo caso è sicuramente necessario valutare l’oggetto dell’attività di influencer marketing, la creatività del progetto e, soprattutto, gli influencer davvero adatti a poter soddisfare tali necessità.

Esistono diversi tipi d’influencer? 

Non solo esistono vari tipi di influencer, ma esistono anche diversi modi per classificarli. I due più utilizzati sono da una parte quello che prende in considerazione la cosiddetta piramide di influenza (un metodo di valutazione più quantitativo che qualitativo) e dall’altra quello che invece considera gli influencer secondo il loro approccio al contenuto.

La piramide di influenza disegna una sorta di gerarchia ponendo al vertice i profili molto seguiti (ma non per questo più influenti) e alla base i nano-influencer, ossia chiunque abbia meno di 10.000 follower. In mezzo troviamo i middle e i professional influencer, ossia figure con una quantità di follower variabile e che, in modalità diverse, riescono a essere considerate autorevoli per la propria competenza su un determinato tema o comunque seguiti per via di loro specifiche modalità di comunicazione.

Considerare invece gli influencer partendo dal loro approccio al contenuto significa valutare come gli influencer siano in grado di costruire il proprio storytelling. Si tiene conto quindi delle tematiche “feticcio” dei profili, del loro mercato di riferimento (es. food vs fashion vs economia, ecc.), delle competenze che queste persone hanno nella realizzazione del contenuto (c’è chi è più portato a raccontare e a raccontarsi in video e chi invece si sente più a suo agio producendo contenuti più brevi e via dicendo) e di ogni altra valutazione qualitativa che possa essere di aiuto nel definire le caratteristiche dell’influencer, appunto.

Raffaella Amoroso – autrice di “Influencer Marketing spiegato semplice

Quali sono i criteri con cui vengono scelti? 

Come spesso succede, non esiste una risposta univoca a questa domanda. La risposta – che è poi quella che più spesso mi trovo a dare ai miei clienti o a chi partecipa alle mie formazioni – è “dipende”.

In questo caso dipende da qual è l’obiettivo del progetto di influencer marketing (es. awareness vs conversione), qual è l’output che ci si aspetta di avere (es. se l’attività prevede che vengano realizzati dei video, gli influencer che si selezioneranno saranno persone in grado di crearne o comunque profili che hanno già abituato la propria follower base a fruirne), qual è il budget a disposizione (mi sento di dire che la maggior parte delle volte è questo uno dei veri discrimini della selezione) o ancora qual è il target di riferimento del progetto (gli influencer si categorizzano, volendo, anche per community alle quali si rivolgono) e così via.

Influencer marketing

Ci racconti un progetto che hai seguito e ti ha dato particolare soddisfazione per la sua riuscita? 

Se ne racconto uno, ne lascio fuori tanti e mi dispiacerebbe..

Posso però dire con un certo orgoglio che negli ultimi 4 anni ho collaborato con molto entusiasmo con Wavemaker nella gestione dei progetti di influencer marketing per Sky Italia. Un lavoro estremamente impegnativo, ma che mi ha permesso di conoscere il mondo degli influencer e della comunicazione digitale ancora più profondamente. 

Un passaggio significativo da condividere con noi del tuo libro «“L’influencer Marketing” spiegato semplice». 

Una frase che abbiamo scritto nel libro e che riporto spesso nelle mie conversazioni con i clienti è “L’influencer quattro stagioni non esiste”. 

Per dirla in parole povere: l’influencer che va bene con tutto e che sa fare tutto (fortunatamente) non c’è. Ci sono però persone (gli influencer) che hanno interessi, competenze e capacità differenti e poi ci siamo noi – che facciamo questo lavoro – che dobbiamo avere la voglia, la curiosità e le “skill” adatte per capire le differenze e valorizzarle in relazione ai progetti che costruiamo e ai clienti con i quali collaboriamo.