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Viene meno il concetto di ufficio e scrivania, si lavora per obiettivi da qualsiasi parte del mondo, abbattendo i confini geografici e dando maggior valore alle competenze di ognuno. Ecco cosa è cambiato nel mondo del lavoro post pandemia.

Dopo due anni di stravolgimenti dovuti al Covid-19 possiamo affermare con certezza che c’è un “prima” e c’è un “dopo” pandemia. A risentirne maggiormente è stato il mondo del lavoro. L’impossibilità di uscire quanto si desideri, la restrizione in termini di contatti fisici con le persone, gli uffici sempre meno frequentati hanno avuto un impatto sulla quotidianità, soprattutto per i lavoratori abituati a uscire di casa al mattino e rientrare la sera.

Prima del lockdown, solo per il 37% degli europei e per il 33% degli italiani era possibile lavorare in maniera smart, mentre per il 41% (sia in Europa sia in Italia) il proprio lavoro non poteva essere svolto in alcun modo da remoto. Oggi più di 100 milioni di dipendenti in Europa sono passati al lavoro a distanza, con quasi 45 milioni che hanno fatto questo cambiamento per la prima volta.

Lo smart working

Nelle grandi aziende estere come Adidas, Puma, Nike, ma anche gruppo PVH, Samsonite, lo smart working è stato adottato almeno un paio di giorni alla settimana. Questo perché le aziende si sono rese conto che il lavoro si può fare, forse anche più efficientemente, anche stando fuori dall’ufficio. I risultati arrivano e forse ci si applica anche con più entusiasmo.

Durante la pandemia molti dipendenti hanno sperimentato non solo il lavoro a distanza, ma un cambiamento radicale verso un modo di lavorare più indipendente. E così non stupisce sapere che i lavoratori, in questi mesi, hanno percepito una maggiore autonomia personale durante la giornata, oltre a una maggiore flessibilità della giornata lavorativa (45%), a un cambiamento nelle priorità lavorative (32%) e a una percezione dell’incremento delle proprie responsabilità (31%).

 

«Contattando potenziali candidati mi sono resa conto che alcuni di loro mettono la possibilità dello smart working come fringe benefit quando ti parlano dei loro bonus e benefits, altri non accettano proposte, anche più interessanti a livello economico, se non è previsto nel contratto lo smart working perché implica un bilanciamento tra la vita privata e la vita professionale. Altri ancora, hanno abbandonato il lavoro di sempre nelle grandi città, per trasferirsi in campagna, altri si sono licenziati perché stufi di vivere in ambienti molto competitivi. La pandemia ha stravolto le città, le capitali, i Paesi ma anche noi stessi. Molti professionisti si sono guardati dentro ed hanno scoperto vecchi valori dimenticati». (Rodgy Guerrera)

Il boom di licenziamenti

«Great Resignation» è il termine che ha usato Anthony Klotz, professore di Management alla Mays Business School del Texas, per raccontare quello che sta succedendo soprattutto negli Stati Uniti con un record di dimissioni registrate a marzo 2021. 

 «La pandemia ha dato a tutti più di un anno per riesaminare vite e priorità – ha scritto Forbes -. Molti lavori e carriere che erano abbastanza buone prima del Covid, sono invecchiati male».  

Ambienti di lavoro tossici non più tollerabili; orari di lavoro folli; tempi di spostamento casa-lavoro non più ammessi. Moltissimi i post sui social a riguardo.

«Dopo anni di studio, pratica, abilitazioni, master et similia, vorrei lavorare per quello che veramente mi piace, con i miei tempi, orari e obiettivi – ha scritto un’avvocata -. Con lo smartworking avevo la possibilità di far arrivare la spesa in qualunque momento, mangiavo sano e trovato cinque minuti anche per fare la lavatrice. Sembrano stupidaggini ma sono questioni ordinarie da non sottovalutare. In più con la pandemia è cresciuto in me il processo di riflessione su un punto che è sempre stato indiscutibile: impegno e sacrificio nel lavoro a ogni costo. Anche a costo della salute mentale, fisica, non avevo più neanche il tempo di informarmi o leggere. Ora non voglio più fare a gara per dimostrare quanto sia disposta a sacrificarmi per essere un’avvocata d’affari»

Cosa resterà di questo cambiamento?

La maggior parte degli intervistati in Europa (66%) si aspetta che alcuni aspetti della propria vita saranno permanentemente diversi.

In particolare, per i lavoratori il lavoro a distanza sembra essere già un elemento che permarrà nel futuro. La maggioranza relativa degli intervistati si aspetta di avere maggiore flessibilità nel decidere quando e come lavorare nel mondo post-COVID-19. Due dipendenti su tre, sia in Europa che nel nostro Paese, si aspettano di lavorare da remoto più spesso.

Dati ricavati da The voice of the European workforce 2020, Deloitte.